Bisogna ancora imparare a programmare, nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale?

Nella quotidiana ricerca di novità tecnologiche sui vari canali di comunicazione, impresa dalle sfumature a volte tantaliche, ci siamo imbattuti in un articolo di RHC che spiega un effetto collaterale dell’abuso dell’intelligenza artificiale. Che a sua volta rimanda a un manifesto di Raspberry Pi sull’importanza di imparare a programmare già da bambini.

Perché bisogna sapere come fare per poter delegare?

Questa è una cosa valida un po’ a tutti i livelli, se non siamo in grado di comprendere il compito che deleghiamo a terzi, non saremo in grado, nella migliore delle ipotesi, a apprezzare il risultato e, nella peggiore delle ipotesi, a distinguere un lavoro indegno da uno buono.

Se non sappiamo programmare non possiamo capire il codice prodotto.
Se non sappiamo programmare non possiamo capire il codice che viene prodotto.

Questo concetto viene espresso nel manifesto di Raspberry Pi, senza un’adeguata formazione alle spalle, il vibe-coding potrebbe diventare solo un diverso modo per scrivere codice più in fretta. E chiunque abbia programmato lo sa che non è sempre un bene.

Perché è importante imparare a programmare?

Questo non vuol dire che tutti dobbiamo essere programmatori, ma questa attività sviluppa delle capacità analitiche che altrimenti difficilmente vengono acquisite, in quanto pone di fronte a dei problemi che vanno scomposti in piccoli componenti, con una visione generale al tutto. Questo allena la mente a risolvere anche problemi della vita reale (con buona pace di chi dice che la parola “problema” andrebbe evitata) senza per questo bloccarsi cercando una soluzione che non può essere monolitica ma la combinazione di tanti piccoli sottoproblemi da risolvere.

Oltretutto, si sottolinea nel manifesto, che la programmazione pone anche dei quesiti etici, cosa che i sistemi LLM semplicemente non possono fare. Inoltre questi ausili tecnologici sono strumenti probabilistici, che forniscono un output accettabile, che non vuol dire che sia sempre giusto.

Semplicemente utilizzare uno strumento LLM in un contesto in cui non abbiamo solide basi di conoscenza, ci espone al rischio di ritenere convincente un’allucinazione, esattamente come per i discorsi di un affabulatore che rischia di venderci (sarà capitato sicuramente a tutti una situazione analoga) qualcosa che non ci serve ma solo perché è stato bravo con le parole.

Imparare un linguaggio di programmazione permette ancora più grandi opportunità nell’epoca dell’IA

Sicuramente l’intelligenza artificiale avrà un impatto grande sul mondo del lavoro e sul modo in cui lavoreremo in futuro, ma la conoscenza della programmazione aiuterà tutti a districarsi in un mondo pervaso da macchine “intelligenti”. Infatti capire come “ragioni” una macchina aiuta a coglierne gli errori e a capirne i limiti anche per non riporre inutili speranze in un compito troppo arduo per lo strumento in se. Questa capacità di discernimento si apprende solamente sul campo quando si capisce che lo strumento che utilizziamo, tanto intelligente, in fondo non lo è. (Nda)

Saper programmare fornisce opportunità migliori con gli strumenti di IA
Saper programmare fornisce opportunità migliori con gli strumenti di IA

Il “coding” è una competenza di base che aiuta i giovani ad avere voce in capitolo in un mondo digitale

Chi nel 2025 ha un’età compresa tra i 40 e i 50 anni, ha vissuto diverse rivoluzioni tecnologiche nella propria esistenza e sa benissimo che ogni tecnologia, prima di essere matura, attraversa diverse fasi. La prima di queste fasi è l’entusiasmo generalizzato, nel quale tutti si buttano a capofitto a sperimentare e subito si crede che sia quanto di meglio ci sia mai potuto capitare nella propria esistenza. Il mercato, sempre di più adesso in tempi moderni, porta all’accessibilità, che porta con se una semplificazione estrema.

La conoscenza sarà la garanzia di aver voce in capitolo nel mondo digitale.
La conoscenza sarà la garanzia di aver voce in capitolo nel mondo digitale.

Solo per fare un esempio nei manuali delle automobili degli anni 80/90 c’era una magnifica sezione “cosa fare se…” (per lo meno sui bellissimi manuali del gruppo Fiat di quell’epoca me la ricordo distintamente) che, per ogni problema, proponeva una procedura di analisi, isolamento e risoluzione del guasto. Cosa capita, ora, nel 2025, se rimaniamo a piedi? Chi sa ancora come funziona un’automobile al punto di avere una chance di tornare a casa con un guasto nel bel mezzo della notte, magari anche nel bel mezzo del nulla? E non importa quanto più affidabili siano le automobili di adesso, i guasti capitano e, per loro natura, sono imprevedibili.

Il rischio reale, se non comprendiamo appieno la tecnologia, è di essere manipolati da essa, quindi la discussione, come dice Douglas Rushkoff è “Programmare o essere programmati”.

E’ una questione di sopravvivenza

Quindi, il tutto si traduce in una questione di sopravvivenza. Se vogliamo avere voce in capitolo e non essere semplicemente guidati dalla tecnologia, dobbiamo comprenderla. Altrimenti ricadiamo nella terza legge di Clarke:

Qualsiasi tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.

Qualsiasi tecnologia sufficientemente avanzata (da non essere compresa, Nda) è indistinguibile dalla magia.

Questo è particolarmente pericoloso in quanto, poi (e i fan di Harry Potter avranno qualcosa da ridire a riguardo) la magia viene considerata come infallibile.

Uno scenario cinematografico, per concludere

Lo stesso Clarke, in 2001 Odissea nello Spazio, ipotizzava che un militare, usando come obiettivo la buona riuscita della missione, avesse obbligato HAL 9000 (il computer di bordo dell’astronave) a mentire all’equipaggio, e mantenere segreto un fatto importante che gli astronauti avrebbero per forza scoperto una volta a destinazione. Questo, ovviamente nella finzione, spinse il computer di bordo a uccidere tutto l’equipaggio quando da Terra iniziarono ad arrivare notizie circa ciò che avrebbero trovato a destinazione.

David Bowman disattiva HAL9000 nel film 2001 Odissea nello Spazio
David Bowman disattiva HAL9000 nel film 2001 Odissea nello Spazio

Nonostante sia solamente un opera di finzione, di una mente brillante come quella di Arthur C. Clarke, è proprio un esempio di una persona che, non comprendendo appieno la tecnologia, ha combinato un discreto disastro.

Mattia Munari